Blog

ACOS OLEARIA SRL

Raccogli l’Olio, Raccogli il Cuore

C’è un momento, tra la fine dell’autunno e l’inizio dell’inverno, in cui la campagna si riempie di un silenzio sacro.
È il tempo della raccolta.
Le mani si muovono lente, consapevoli, come se accarezzassero la storia.
Raccogliere l’olio non è un lavoro: è un atto d’amore, una liturgia contadina che unisce le stagioni dell’anima a quelle della terra.


Ogni anno, quando la luce del sole si fa più dolce e le foglie dell’ulivo luccicano come argento, comincia la danza antica dei raccoglitori.
Sono gesti che non cambiano: le mani si tendono, la rete si apre, il frutto cade.
Ma dentro ogni gesto c’è una memoria collettiva, una promessa mantenuta tra l’uomo e la natura.


L’olio: il sangue della terra


L’olio è la linfa della nostra identità mediterranea, il sangue che scorre da millenni nelle vene dei popoli che abitano le colline e le coste del Sud.
In ogni goccia c’è la sapienza di chi, generazione dopo generazione, ha imparato ad ascoltare la voce del vento e il ritmo della pioggia.
C’è l’attesa, la dedizione, la certezza che nulla di ciò che è buono nasce in fretta.


Raccogliere l’olio significa anche fare i conti con il tempo: con la sua lentezza, con le sue prove, con le sue benedizioni.
Ogni ulivo è un testimone silenzioso di un’epoca, un monumento vivente alla pazienza.
Non promette ricchezze, ma dona ciò che serve: nutrimento, luce, equilibrio.


Le mani e il cuore


Chi raccoglie l’olio sa che le mani parlano.
Sono mani che sanno di vento, di fatica, di preghiera.
Ogni movimento è una parola di un linguaggio antico: quello della cura.
E nel raccogliere si raccoglie anche il cuore — perché non si può chiedere alla terra senza offrirle qualcosa di sé.


L’olio è frutto di un’alleanza.
Non nasce solo dal lavoro, ma dal rispetto.
È il risultato di un dialogo continuo tra l’uomo e la natura, tra ciò che si riceve e ciò che si restituisce.
In questo, l’agricoltura diventa arte e poesia: un modo di vivere che non sfrutta, ma crea, non distrugge, ma trasforma.


L’oro che profuma di verità


Quando la prima goccia di olio nuovo cade nel piatto o nella lampada, non è solo un alimento che nasce — è una luce che ritorna.
È il segno che la terra ha ancora qualcosa da dire, e che l’uomo ha ancora la forza di ascoltarla.
In quel verde dorato c’è la purezza di un gesto antico come il mondo: raccogliere per donare.


L’olio, come il cuore, si riconosce dal profumo.
Ha la fragranza della sincerità, della semplicità, del lavoro fatto con dedizione.
Chi assaggia l’olio vero, sente subito la differenza — perché l’anima riconosce ciò che è autentico.


Resilienza e speranza


Oggi più che mai, raccogliere l’olio è un atto di resistenza.
In un tempo che corre, che consuma, che dimentica, fermarsi davanti a un ulivo e tendere la mano significa ricordare chi siamo.
Ogni oliva raccolta è una piccola vittoria contro l’indifferenza, un seme di speranza piantato nella realtà.


Dietro ogni bottiglia di olio ci sono storie: famiglie, territori, lotte silenziose per la dignità e la giustizia.
L’olivicoltura non è solo economia, ma cultura e coscienza.
È il modo in cui un popolo custodisce la propria anima.


Raccogliere se stessi


Forse è questo il segreto nascosto dell’olio: ci insegna che, per raccogliere, bisogna prima coltivare.
E che ciò che si semina con amore, prima o poi, restituisce amore.
Ogni goccia è un ricordo, un sogno, una possibilità.
Raccogliere l’olio significa raccogliere se stessi: le proprie radici, le proprie ferite, la propria verità.


E allora sì: raccogli l’olio, raccogli il cuore.
Perché ogni goccia che cade nella tua mano ti ricorda che la terra non dimentica mai chi la ama.
Adele Scirrotta

Condividere su