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La Calabria degli Ulivi: Storie che Non Cadono

Ci sono terre che si raccontano da sole.

E poi c’è la Calabria: una lingua di roccia, mare e memoria che non si lascia interpretare facilmente.

La Calabria è fatta di contrasti, di venti opposti, di antiche ferite e di una bellezza così ostinata da sembrare un atto di resistenza. Ma soprattutto è una terra di ulivi, e nulla, più dell’ulivo, spiega il carattere profondo di questa regione.

Gli ulivi in Calabria non sono piante.

Sono storie.

Sono voci che parlano più delle parole di un uomo.

Sono colonne silenziose che reggono intere famiglie, intere generazioni, interi destini.

Sono presenze antiche che ti guardano crescere, cadere, rialzarti.

E non ti abbandonano mai.

Ulivi come antenati: la memoria che affiora dalla corteccia

Ogni ulivo calabrese è un archivio vivente.

La sua corteccia contorta custodisce ciò che i libri non dicono:

le carestie, le partenze per l’estero, le vendemmie che salvavano l’inverno, i matrimoni celebrati nei cortili, i pomeriggi assolati con i nonni a insegnare come si ascolta il vento.

Gli ulivi ricordano tutto.

Ricordano chi li ha piantati, chi li ha potati, chi li ha traditi e chi li ha custoditi.

E nonostante tutto, continuano a produrre.

Continuano a vivere.

Continuano a dire, senza voce, che la memoria è una radice che non si spezza.

Quando il vento cambia, l’ulivo rimane

La Calabria cambia.

La società cambia.

La politica cambia.

Le generazioni si rincorrono come stagioni imperfette.

Eppure, tra mare e monti, l’ulivo rimane fermo.

Non chiede permesso, non chiede garanzie, non pretende condizioni.

Rimane.

Resiste.

E questa resistenza è la parabola perfetta della gente calabrese:

testarda, ferita, orgogliosa, tenace.

Qui, la forza non si ostenta: si incarna.

Si vede nei tronchi piegati dal vento eppure ancora saldi;

si sente nel profumo dell’olio nuovo, che non nasce dal caso ma da un’antica forma di perseveranza.

La terra che educa: lezioni che solo un ulivo sa dare

Un ulivo calabrese insegna più di molte scuole.

Ti insegna:

• che tutto ciò che vale richiede tempo;

• che la durezza della vita crea radici forti;

• che piegarsi non è un fallimento, ma un modo per sopravvivere;

• che un raccolto perso non è la fine, ma un nuovo inizio in attesa;

• che la pazienza non è debolezza, ma arte.

L’ulivo non è solo una coltura: è un maestro.

E la Calabria è la sua aula più fiera.

L’orgoglio degli agricoltori: eroi senza applausi

Chi custodisce gli ulivi in Calabria sa cosa significa lottare contro tutto:

contro la siccità, le gelate, i frantoi che aprono tardi, le burocrazie che rallentano, le stagioni che non rispettano più i ritmi di un tempo.

Eppure continua.

Perché chi coltiva ulivi in questa terra non lo fa per arricchirsi: lo fa per appartenenza, per dignità, per amore.

È un gesto che parla di famiglia, di passato, di futuro.

Gli agricoltori calabresi sono eroi invisibili.

Non cercano scene, non cercano titoli, non cercano riconoscimenti.

Cercano solo giustizia e onestà.

E meritano rispetto.

Le storie che non cadono

Ogni ulivo è una storia radicata.

Una storia che non cade perché la sua verità è troppo profonda per essere spazzata via.

Una storia che sopravvive oltre la vita di chi l’ha custodita.

Una storia che diventa paesaggio, identità, cultura.

La Calabria degli ulivi è una Calabria che non si spezza.

Una Calabria che vive anche quando tutto sembra fermo.

Una Calabria che parla attraverso ciò che resta, non ciò che viene perso.

L’ulivo, in questa terra, non è solo una pianta:

è una dichiarazione d’amore.

È un patto firmato con il sacrificio.

È una promessa di continuità in un mondo che cambia sempre troppo in fretta.

La radice che tiene tutto

La Calabria degli ulivi è un racconto collettivo.

È l’epopea dei nonni, dei padri, delle madri, dei figli che oggi tornano alla terra per ricostruire ciò che altri hanno abbandonato.

È il simbolo di un orgoglio che non vuole sparire.

È la prova che ci sono storie—quelle vere—che non cadono mai.

Gli ulivi calabresi continuano a dirci che finché esiste una radice, c’è sempre qualcosa che può rinascere.

E forse è proprio questo il messaggio più grande:

le radici non chiedono luce per esistere.

Chiedono solo fedeltà.

Adele Scirrotta

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