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Ottant’anni di FAO: nutrire il mondo, coltivare il futuro

Ottant’anni. Tanto è passato da quando, nel 1945, nacque la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura. Era l’alba di un tempo nuovo, segnato dalle ferite della guerra e dal bisogno universale di pane, pace e dignità. In quel momento storico, l’idea di unire le nazioni per combattere la fame appariva non solo necessaria, ma rivoluzionaria.

Oggi, nel 2025, la FAO compie ottant’anni e li celebra nella sua casa di Roma, dove da oltre mezzo secolo porta avanti la sua missione: nutrire il mondo senza distruggere la Terra. Un traguardo che profuma di memoria e di responsabilità.

Nel corso di questi decenni, la FAO ha costruito ponti tra continenti, ha portato semi dove la terra era arida, conoscenze dove mancavano strumenti, speranza dove regnavano carestia e povertà. Dalla fondazione di FAOSTAT, la più grande banca dati sull’agricoltura mondiale, alla Conferenza sul Cibo del 1974, fino alle campagne globali per ridurre lo spreco alimentare: ogni passo è stato un tassello nel mosaico della sicurezza alimentare.

Ma gli 80 anni della FAO non sono soltanto una celebrazione del passato. Sono una chiamata al futuro.

Viviamo in un’epoca in cui il cibo torna ad essere un terreno di conflitto: il clima che cambia, le guerre che affamano i popoli, la terra sfruttata fino all’esaurimento, l’acqua che si fa più scarsa. Eppure, da Roma arriva ancora lo stesso messaggio di sempre: “Non c’è pace senza pane, non c’è futuro senza terra.”

Nel cuore delle celebrazioni, la mostra “Dal seme al cibo” racconta proprio questo viaggio: dalle radici al raccolto, dalle mani dei contadini alle tavole del mondo. Un racconto che intreccia tradizione e innovazione — droni, serre idroponiche, ricerca genetica — ma non dimentica il valore primario del gesto agricolo: il rispetto.

In questi giorni, tra i corridoi della sede FAO si respira qualcosa di più grande di una ricorrenza. È il respiro di una sfida collettiva. Lo hanno ricordato anche le voci presenti alla cerimonia ufficiale — il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, Papa Leone XIV (Robert Francis Prevost) e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni — richiamando la necessità di un impegno globale contro l’uso del cibo come arma di guerra e per la tutela della dignità umana.

L’Italia, che da sempre ospita la sede centrale della FAO, ne è parte viva. Non solo come Paese, ma come ponte mediterraneo di cultura agricola, luogo dove l’alimentazione è storia, identità e simbolo di equilibrio con la natura. Dai progetti di cooperazione in Africa alle iniziative nelle aree rurali del Sud, il contributo italiano si intreccia con il cammino dell’Organizzazione.

Ottant’anni dopo, il compito resta aperto: nutrire il mondo e proteggere la Terra.

Un equilibrio fragile, ma possibile. Perché l’agricoltura non è solo produzione, è civiltà. È etica, cultura, scelta quotidiana. E nel celebrare la FAO, celebriamo anche tutte le mani che lavorano la terra con rispetto, che difendono i semi, che credono ancora nella semplicità del pane come simbolo universale di pace.

In fondo, ogni campo racconta la stessa storia: quella dell’uomo che si affida alla natura, e della natura che si affida all’uomo.

E così, mentre il mondo festeggia gli ottant’anni della FAO, nei miei uliveti di Calabria — dove il vento porta ancora il profumo del mare e della terra antica — ritrovo il senso più profondo di questa ricorrenza.

Coltivare oggi, in modo etico e consapevole, è un atto di gratitudine verso il passato e di fiducia verso il futuro.

È il mio modo di celebrare la FAO: continuando a credere che nutrire la terra significhi, prima di tutto, nutrire l’anima del mondo.

Adele Scirrotta

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