
Ogni 4 ottobre, l’Italia si ferma — almeno per un istante — davanti alla figura di San Francesco d’Assisi.
C’è qualcosa in lui che supera il tempo, le religioni, le ideologie. San Francesco non è solo un santo: è un linguaggio universale, un modo di guardare il mondo con occhi limpidi e cuore aperto. È il Patrono d’Italia, ma anche il custode di un’eredità che appartiene a ogni uomo e donna che cerca la pace attraverso la verità, la semplicità e l’amore.
Un uomo che scelse la luce della povertà
Nato in un periodo di ricchezze ostentate e guerre continue, Francesco comprese presto che la vera grandezza non si misura con l’oro o con il potere.
Era figlio di un mercante benestante, ma dentro di sé sentiva che quel mondo fatto di apparenze non gli apparteneva.
La sua scelta di spogliarsi di tutto, persino degli abiti paterni, fu un atto di liberazione interiore.
Non fu un gesto teatrale, ma una dichiarazione d’amore: verso Dio, verso la vita, verso la libertà.
Da allora, la sua povertà divenne ricchezza spirituale, la sua semplicità una forma di sapienza che continua a ispirare chi rifiuta la superficialità e cerca l’essenza.
Il Cantico della Creazione: un dialogo eterno con la natura
San Francesco vedeva nel creato il volto di Dio.
Ogni creatura, ogni elemento della natura era per lui fratello o sorella: il sole, la luna, il vento, l’acqua, il fuoco, la terra stessa.
Nel suo “Cantico delle Creature”, scritto in volgare umbro nel 1224, si legge la voce di un’anima in armonia con l’universo.
Non è poesia religiosa nel senso stretto: è un canto d’amore verso la vita in tutte le sue forme.
Un linguaggio che parla di gratitudine, equilibrio e rispetto, valori che oggi — nell’epoca delle crisi ambientali e della corsa al profitto — tornano più che mai necessari.
Francesco non pregava la natura, la ascoltava.
Capiva che ogni seme, ogni pioggia, ogni ciclo della terra nasconde una lezione di umiltà.
Ed è forse questo il suo messaggio più attuale: riconoscere che tutto è connesso, che l’uomo non domina, ma partecipa; non sfrutta, ma custodisce.
Il Patrono d’Italia e la rinascita morale
Quando nel 1939 San Francesco fu proclamato Patrono d’Italia, la Nazione era ferita e divisa.
Ma la sua figura divenne un punto d’incontro: un simbolo di pace, fraternità e unità.
Francesco rappresenta ciò che l’Italia più autentica ha di sacro: la capacità di rialzarsi, di credere nella vita anche quando sembra spezzata.
È il santo dei poveri, ma anche il santo dei coraggiosi — di chi lavora la terra, di chi resiste, di chi crede che un gesto gentile possa cambiare il mondo.
Nel suo esempio c’è una lezione civile e spirituale insieme: la forza non nasce dal potere, ma dal servizio; la libertà non dal possesso, ma dalla verità.
E forse, se oggi l’Italia tornasse davvero allo spirito di Francesco, riscoprirebbe la bellezza di essere Paese di luce, di mani operose, di cuori sinceri.
Francesco e la terra: il seme della custodia
Nessun santo ha amato la terra come lui.
San Francesco non la guardava da lontano: la toccava, la viveva, la onorava.
Capiva che nella polvere c’è la promessa della vita, e che l’uomo è parte di quella stessa sostanza che nutre le radici.
Oggi, chi lavora nei campi, chi semina e attende, chi cura gli alberi e parla al vento, continua — spesso senza saperlo — la missione francescana della custodia.
Ogni contadino che rispetta i ritmi della natura, ogni donna che difende la propria terra come una madre, è erede spirituale di quel giovane di Assisi che vedeva in un fiore un miracolo e in un ulivo un fratello antico.
San Francesco ci invita a un ritorno necessario: tornare alla terra per ritrovare noi stessi.
Non come padroni, ma come custodi riconoscenti.
Ogni semina può diventare una preghiera, ogni raccolto un atto di gratitudine.
E forse, nel silenzio dei campi, la sua voce si sente ancora:
“Beato chi ama e non chiede nulla in cambio, perché ha già tutto.”
Conclusione: la semplicità come rivoluzione
San Francesco non è solo un’icona del passato.
È una guida per il presente, una luce che attraversa la modernità e ci ricorda che vivere con meno può significare vivere meglio.
In un mondo che corre, accumula e consuma, la sua voce è una rivoluzione gentile: ritrovare il tempo, la misura e la gratitudine.
Essere francescani, oggi, non significa vestirsi di povertà, ma di consapevolezza.
Significa scegliere la bontà come forza, la terra come maestra, e la semplicità come atto di coraggio.
San Francesco d’Assisi è il Patrono d’Italia.
Ma, in verità, è anche il Patrono di chi crede ancora che la luce, la pace e la giustizia germoglino solo là dove la terra è amata.